Buongiorno! Stai per leggere una newsletter che parla di morte dal punto di vista scientifico.
Il numero precedente era sull’infettività dei cadaveri in putrefazione.
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Buona lettura,
Sofia @lamedicinageniale
Eau de putréfaction
Il cadavere in putrefazione, a meno di morte per malattia infettiva o contatto diretto senza accortezze igieniche, è molto meno pericoloso del vivente ma a causa della sua puzza nauseabonda ci spaventa.
Come vi ho raccontato nella newsletter della settimana scorsa, la paura che i cadaveri in decomposizione possano trasmettere malattie infettive o addirittura causare epidemie si basa su un diffuso pregiudizio nei confronti dell’odore putrido che emanano, pregiudizio che affonda le sue radici nella teoria dei miasmi, una teoria medica ormai totalmente abbandonata che ha retto per migliaia di anni fino alla fine del XIX secolo.
L’odore di decomposizione, quindi, non è dannoso per la nostra salute e può essere aspirato senza problemi — se non per il vostro stomaco 🤢
L’odore della putrefazione
L’odore del cadavere è un complesso cocktail di oltre 400 molecole prodotte dai batteri che nel processo della decomposizione smontano il nostro corpo producendo anche gas (responsabili del gonfiore del cadavere). Questo cocktail varia nei diversi stadi della putrefazione e con la composizione della flora microbica che può cambiare per esempio a seconda dell’ambiente in cui si trova il cadavere. Nonostante la variabilità sia ampia alcuni composti, tra gli oltre 400, si ritrovano sempre.
Tra questi le due molecole più conosciute sono ammine:
la cadaverina (1,5-pentadiammina), responsabile anche dell’odore dell’urina e del liquido spermatico,
la putrescina (1,4-diamminobutano), che contribuisce all’odore di morto vivente del nostro alito mattutino.
Derivano dalla degradazione delle proteine e in particolare degli amminoacidi lisina e arginina rispettivamente.
Come spiega Anna D’Errico, autrice di Il senso perfetto:
Il metabolismo delle proteine, essendo fatte di aminoacidi, di solito porta a molecole piuttosto odorose per via del gruppo amminico –NH2 (azoto, idrogeno) – parente dell’ammoniaca (NH4) per capirci – in diverse declinazioni.
Come viene studiata la ricetta dell’Eau de putréfaction
La ricerca scientifica si è data da fare nell’individuare le molecole che formano l’odore di morte perché conoscere l’esatta ricetta del sublime profumo nelle diverse fasi di decomposizione e in ambienti diversi può aiutare i medici legali e gli scienziati forensi nel calcolare l’intervallo post mortem (PMI – Post Mortem Interval). Il PMI è il tempo trascorso tra la morte e il ritrovamento del cadavere che, come potrete intuire, è di fondamentale importanza soprattutto nei casi che hanno valenza giuridica come gli omicidi.
Negli ultimi anni, un gruppo di ricerca guidato da Evelyn Rosier dell’Università di Leuven in Belgio ha studiato la composizione dell’essenza di cadaveri umani e animali per capirne qualcosa sulla presenza dei vari VOC, i composti organici volatili.
I ricercatori hanno prelevato l’aria a contatto con pezzi di cadaveri in decomposizione e hanno in seguito analizzato i campioni con diverse tecniche (gascromatografia e spettrometria di massa) che consentono di separare e identificare tutti i vari ingredienti della ricetta. Queste tecniche si usano anche nell’industria dei profumi, per esempio, per studiare (e copiare) le formule dei prodotti dei concorrenti.
Il gruppo ha finora individuato 452 molecole e, confrontando i campioni derivanti dalla decomposizione umana e quella animale, ha scoperto che il nostro Eau de putréfaction è più simile a quello del maiale che a quello di tutti gli altri animali analizzati. Tra i 452 VOC ce ne sono addirittura 8 (ethyl propionate, propyl propionate, propyl butyrate, ethyl pentanoate, pyridine, diethyl disulfide, methyl(methylthio)ethyl disulfide and 3-methylthio-1-propanol) che si trovano solo nei campioni umani e del maiale e in nessun altro animale.
È possibile però distinguere l’essenza di cadavere umano da quello di maiale perché nella nostra sono presenti 5 VOC unici (3-methylbutyl pentanoate, 3-methylbutyl 3-methylbutyrate, 3-methylbutyl 2-methylbutyrate, butyl pentanoate and propyl hexanoate).
Perché è importante studiare l’Eau de putréfaction
Studiare i VOC che costituiscono il caratteristico odore putrescente del cadavere è importante per calcolare l’intervallo post mortem come accennato poco prima. L’odore varia con il passare del tempo e con l’ambiente nel quale si trova il cadavere e costituisce una forte attrattiva per gli animali saprofagi che si cibano di sostanze organiche in decomposizione. In particolare, sembra che i diversi insetti che si possono trovare su un cadavere siano attratti da diversi composti dell’Eau de putréfaction e quindi si avvicinerebbero al corpo in stadi diversi della decomposizione. Grazie all’intersezione tra chimica dell’odore della morte ed entomologia forense (la scienza che studia gli insetti sulla scena di un crimine) potrebbe quindi aumentare la possibilità di individuare correttamente l’intervallo post mortem anche a distanza di giorni, settimane, mesi dal decesso.
Inoltre, conoscere la differenza di ricetta dell’odore della decomposizione dei diversi animali può aiutare ad addestrare più efficacemente i cani da cadavere e a sviluppare nasi artificiali per l’individuazione di luoghi di sepoltura o di deposizione dei cadaveri. Ma di questo vi parlerò in un’altra newsletter.
Bibliografia
Zoja R, et al. Compendio di medicina legale e delle assicurazioni. UTET Giuridica (2018).
Ciesla J, et al. The smell of death. State of the art and future research. Frontiers in Microbiology (2023)
Rosier E, et al. The Search for a Volatile Human Specific Marker in the Decomposition Process. PLOS One (2015)
Appuntamento con la morte LIVE
Domenica 21 gennaio 2024 sarò alla Librosteria di Padova per un Death cafè durante il quale dialogherò con Marina Minetti, l’autrice del podcast Death Cafè di Mondadori Studios, e Luca Lazzari di Radio Padova. Indovinate di quale argomenti parleremo?
Interessanti da morire
UN PODCAST. Durante il primo lockdown del 2020 sono morti 13 detenuti - una strage passata inosservata. Con il podcast Tredici Luigi Mastrodonato coglie l’occasione non solo di indagare su questi decessi ma anche di raccontare la situazione delle carceri italiane.
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Il mio preferito:
UNA RIVISTA A FUMETTI. Fino a domani (19/01/2024) potrete leggere liberamente l’inchiesta a fumetti Lavorare con la morte realizzata da Alessia Dulbecco e Vittoria Margheri e pubblicata sul quarto numero della rivista La Revue Dessinée.
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