Benvenut💀 al tuo Appuntamento con la morte, la newsletter che parla di morte dal punto di vista scientifico.
Durante l’ultimo Appuntamento prima dell’inizio del periodo delle ferie abbiamo parlato di come sia più probabile morire di infarto al lunedì, forse a causa dello stress da ritorno al lavoro. Questo #Giovedead invece, visto che siamo in aria di vacanze al mare, volevo mettervi in guardia dalle noci di cocco. Sembra che facciano più morti degli squali! Sarà vero?
Buona lettura,
Sofia @lamedicinageniale
Omicidio coccoso 🥥
Siete in vacanza in un’isola tropicale e vi sdraiate sulla spiaggia all’ombra di una maestosa palma. Il sole splende a pochi passi dal vostro asciugamano e vi state rilassando con una piña colada in mano, ascoltando il dolce suono delle onde che lambiscono la riva. Ma c'è una minaccia invisibile che incombe sopra di voi: una noce di cocco pronta a cadere sulla vostra testa e spappolarvi il cranio.
Non è l’incipit di un film horror ma l’origine di una leggenda metropolitana che da decenni accusa le noci di cocco di essere spietate serial killer. Ma quanto c’è di vero?
Le accuse di omicidio coccoso
Tutto inizia nel 1984 quando viene pubblicata una ricerca condotta da Peter Barss, un medico canadese che si occupa di salute pubblica, in Papua Nuova Guinea. I risultati dello studio pubblicato sul Journal of Trauma and Acute Care Surgery hanno riportato che, in 4 anni di monitoraggio, il 2.5% (equivalente a 9 persone) dei ricoveri per traumi nell'ospedale locale erano dovuti alla caduta di noci di cocco.
Le noci di cocco che cadono dagli alberi possono effettivamente causare gravi lesioni al collo, alle spalle e alla testa e, solo in rare occasioni, possono provocare la morte. Nessuno dei casi analizzati da Barss risultava, infatti, fatale. Nell’articolo, però, il ricercatore canadese ha menzionato due decessi aneddotici (del tipo il medico del pronto soccorso si è ricordato che 6 anni prima un amico dello zio di suo cugggino è morto perché gli è caduto un cocco in testa, forse mentre si stava arrampicando sulla palma) avvenuti diversi anni prima e tanto è bastato per far nascere la leggenda del cocco killer.
Dalla pubblicazione di questo articolo abbastanza ridicolo — che, infatti, nel 2001 è valso il premio Ig Nobel al suo autore — il numero delle morti da cocco è stato pompato a più riprese sulla stampa per lo stesso motivo menzionato nella scorsa newsletter: fare i titoloni clickbait su un innocente e delizioso frutto che uccide più di [inserire animale pericoloso/evento catastrofico/serial killer] fa gola, soprattutto d’estate quando i giornalisti sono in vacanza e il personale è troppo poco per scrivere di cose serie.
Il 2002, però, rappresenta l’anno in cui la leggenda metropolitana del cocco killer raggiunge un livello superiore: non solo il cocco è pericoloso ma ogni anno ucciderebbe più persone di quanto facciano gli squali.
È l’anno in cui George H. Burgess — direttore dell’International Shark Attack File — ha dichiarato, esagerando i numeri a dismisura, che 150 persone muoiono ogni anno a causa delle cadute di noci di cocco. Nel confronto gli squali — che ne uccido 5 all’anno — ne uscivano come docili agnellini.
Il paragone con gli attacchi degli squali è servito ad assolvere un pochino le povere e innocenti bestiole marine per i loro omicidi ma soprattutto per creare sensazionalismo. Di certo non a fornire una valutazione accurata del rischio.
Eppure, in risposta al panico generato sulle persone, alcune località tropicali hanno preso misure drastiche e insensate, esattamente com’è successo quando alcuni comuni italiani spruzzavano disinfettanti sulle spiagge per sanificarle dal coronavirus. In Queensland, per esempio, nel 2002 le palme da cocco sono state rimosse dalle spiagge per prevenire incidenti mortali e la stampa locale guarda caso etichettò le noci di cocco come "il frutto assassino".
La Club Travel, inoltre, una compagnia assicurativa inglese sfruttò queste false statistiche per vendere il loro pacchetto assicurativo per i viaggi in Papua Nuova Guinea e zone limitrofe.
Il cocco si difende dalle accuse
Nessuno sta calcolando le morti causate dalla caduta delle noci di cocco quindi il numero 150 non ha assolutamente alcun senso dal punto di vista scientifico. Questo, ovviamente, non significa che non possano avvenire. In generale, però, la noce di cocco è troppo piccola, leggera e morbida (in confronto alla nostra resistente scatola proteggi cervello) per causare gravi traumi cranici. Infatti, dei casi finora riportati in letteratura scientifica nessuno ha avuto conseguenze a lungo termine dopo l’incontro con un cocco killer — a parte quelli che sono morti.
La percezione del rischio gioca un ruolo fondamentale in queste storie. Le probabilità di essere colpiti e uccisi da una noce di cocco sono infinitamente minori rispetto ad altre cause di morte più comuni, come avere un incidente stradale andando in spiaggia o una caduta accidentali sugli scogli (quelli si che sono duri). Eppure, la paura dei cocchi assassini persiste, alimentata da racconti sensazionalistici e statistiche fraintese.
Quindi, se mai vi capiterà di bivaccare sotto una palma da cocco davanti a un cristallino mare tropicale bevetevi con tranquillità la vostra piña colada. E se proprio doveste essere così sfigati da diventare vittime del cocco assassino prometto che celebrerò la vostra morte raccontandola in un numero speciale della newsletter. Almeno non sarete morti invano!
- La newsletter continua dopo la bibliografia -
Bibliografia
Barss P. Injuries due to falling coconuts. J Trauma. 1984;24(11):990-991.
Escoffery CT, Shirley SE. Fatal head trauma from tree related injuries. Med Sci Law. 2001;41(4):298-300.
Pinker S. The truth about falling coconuts. CMAJ. 2002;166(6):801.
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In queste spiagge caraibiche, non come quelle in Liguria, si può anche mettere il proprio telo mare della Decathlon leggermente fuori dalla cocco-gittata: non credo serva un PhD in Fisica quantistica, per calcolare le potenziali traiettorie. Mal che vada si può chiedere a Musk su X, che mi dicono funzioni bene. Tornando a morti più probabili, sempre in spiaggia: un bell'ombrellone sfilato dal vento con traiettoria random (qui manco il PhD ti salva), oppure una scofanata di melanzane alla parmigiana, accompagnata da una birra ghiacciata rigorosamente conservata in una borsa frigo Giostyle.