Benvenut💀 al tuo Appuntamento con la morte, la newsletter settimanale che parla di morte dal punto di vista scientifico.
Durante l’ultimo Appuntamento vi raccontavo perché non bisogna portare oggetti metallici nella risonanza magnetica. C’entrava solo marginalmente con la morte ma è stata una delle newsletter più apprezzate degli ultimi mesi, anche dai professionisti del settore. Devo forse cambiare nome alla newsletter in Appuntamento con la risonanza magnetica?
Oggi torno a parlarvi di un argomento strettamente mortifero, la scienza che sta dietro alla tecnica della cremazione green.
Buona lettura,
Sofia @lamedicinageniale
Farina di cadavere
Se ci viene chiesto di pensare a cosa avviene dopo il funerale in Italia solitamente salta alla mente l’immagine del carro funebre che si dirige lentamente verso il cimitero trasportando al suo interno il feretro in cui riposa il defunto pronto a traslocare nella sua dimora eterna. Al massimo si pensa alla cremazione ma quasi mai alla donazione del corpo alla scienza (sì, la metto dappertutto come il prezzemolo) o a metodi di sepoltura alternativi.
La nostra tradizione funebre, infatti, non ha previsto altre tipologie di viaggi postmortali oltre all’inumazione (sepoltura a terra) o la tumulazione (sepoltura nel loculo) fino al 1987. O meglio, la combustione del cadavere era già possibile da fine Ottocento ma dopo un inizio sfavillante, a causa anche delle diffuse usanze e credenze cattoliche non ha mai avuto grandi chance fino alla legge 40 del 1987 che ha reso la cremazione un servizio pubblico gratuito. Da allora la percentuale di persone che scelgono di finire il loro viaggio su questa terra in un clima caldo torrido aumenta ogni anno, soprattutto dopo il 2020. Siamo passati dal 3% nel 1995 al 33% nel 2022.
Di recente, grazie alla legge 10 del 2020 che regola la donazione del corpo alla scienza, si è aggiunta anche una nuova meta alle partenze postmortali: gli istituti di anatomia.
Ricapitolando, quindi, i destini del cadavere dopo la morte in Italia possono essere:
La tumulazione o l’inumazione al cimitero,
La cremazione con conseguente tumulazione, dispersione o conservazione delle “ceneri” (per queste ultime due ci sono alcune regole in più da rispettare),
La donazione del corpo ai fini di ricerca.
Al mondo esistono diverse altre mete postmortali (il compostaggio, la sepoltura in mare, l’acquamazione, eccetera) ma il nostro paese fa molta fatica a raggiungerle, strano no? Siamo così all’avanguardia!
La cremazione green
Tra i metodi di sepoltura alternativi c’è quella che viene venduta dai marketers come cremazione green ma che in gergo tecnico-scientifico si chiama idrolisi alcalina (in effetti, chi la sceglierebbe con questo nome? Probabilmente nemmeno i chimici).
Conosciuta anche come acquamazione o cremazione con l’acqua, è diffusa soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Australia e in Sudafrica. L’unico paese dell’Unione Europea che la permette dal 2023 è l’Irlanda e ci si sta avvicinando anche l’Olanda.
L’idrolisi alcalina
L’idrolisi è una reazione chimica che, come dice l’etimologia greca del nome, scioglie (-lisi) - in questo caso i tessuti del corpo umano - grazie all’acqua (idro-). Siamo portati a pensare che lo scioglimento di un corpo avvenga con l’acido, invece, nella cremazione green l’idrolisi è alcalina ovvero avviene per mezzo di una sostanza che se mescolata con l’acqua rende la soluzione molto basica (pH 13-14): l’idrossido di potassio.
Per misurare l’acidità o la basicità di una sostanza liquida si usa il pH il cui valore parte da 0 e arriva massimo a 14. Il pH neutro è 7. Tutte le sostanze che hanno pH inferiore a 7 sono acide (più il valore tende allo 0 e più la sostanza è acida) mentre quelle che hanno pH maggiore di 7 sono basiche (più il pH tende a 14 e più la basicità è forte).
Come funziona l’acquamazione
Il macchinario utilizzato per effettuare l’acquamazione è una gigantesca lattina d’acciaio posizionata in orizzontale. Dal lato dell’apertura, una porticina rotonda, molto simile a quella utilizzata nei sottomarini, sigilla la camera interna una volta che il cadavere è stato posizionato (senza bara, a differenza della cremazione). Dopo la sigillatura inizia il viaggio: direzione liquefazione.
Il primo passaggio è la determinazione del peso corporeo perché la quantità d’acqua e di idrossido di potassio devono essere in proporzioni corrette e sufficienti a sciogliere tutti i tessuti molli. In media servono 30 Kg di idrossido di potassio ogni 270 litri d’acqua.
Una volta che il cadavere è immerso totalmente, la soluzione viene riscaldata fino a raggiungere i 152°C e lo scioglimento totale, o quasi, avviene nel giro di 60-90 minuti. Le ossa, infatti, resistono all’idrolisi alcalina. Quando il liquido viene fatto defluire dalla camera interna, quindi, le ossa vengono tenute ancora per un po’ di tempo all’interno del macchinario: prima risciacquate con acqua fredda e poi riscaldate per 20 minuti a 120°C.
Ma dove va a finire il corpo liquefatto e qual è il destino delle ossa?
Té e farina di cadavere
Gli anglosassoni amano fare similitudini tra cibo e cose mortifere. Credo di essere nata nel paese sbagliato perché piace da morire anche a me ma in Italia non si può fare senza sembrare satanisti.
A ogni modo, in un articolo della BBC, l’impresario di un’agenzia funebre che ha adottato l’acquamazione descriveva i residui del processo come un delizioso tè delle cinque.
Il prodotto di liquefazione del corpo è infatti descritto come un liquido simili al tè sia per colore che per limpidezza (non è torbido). Non è nocivo, non contiene DNA umano e può essere rilasciato nel sistema fognario dopo attenta misurazione del pH (se è troppo basico vengono aggiunte alla soluzione delle sostanze che lo abbassano).
Le ossa che rimangono, una volta lavate, asciugate e separate da eventuali protesi o oggetti metallici, vengono polverizzate con il cremulatore ovvero un elettrodomestico funebre che serve per polverizzare le ossa, usato anche dopo la cremazione tradizionale. Ecco perché all’inizio della newsletter avevo scritto ceneri tra virgolette. Perché quelle che noi chiamiamo ceneri del defunto sono in realtà polveri d’osso.
Il prodotto finale dell’acquamazione è quindi una polvere bianca e finissima che alla vista e al tatto ricorda la farina tipo 00. Per continuare a usare le similitudini culinarie del mio amico impresario funebre, la cremazione a combustione produce una farina più simile a quella integrale perché le ossa si anneriscono un po’.
Ma è davvero green?
L’acquamazione non è certo un processo a impatto zero ma è più ecosostenibile della sepoltura e della cremazione.
Elisabeth Keijzer, una ricercatrice dell’Università di Groninger in Olanda, ha studiato per la prima volta nel 2011 il LCA (Life Cycle Assessment) dei funerali. Il LCA - in italiano, analisi del ciclo di vita - è una metodologia che serve a valutare l’impatto ambientale di un oggetto, un’azione o un processo durante il suo intero ciclo di vita.
Keijzer è partita dall’impatto del taglio degli alberi per la costruzione della bara in legno, passando per le emissioni delle auto dei partecipanti al funerale, fino ad arrivare al processo di decomposizione e l’inquinamento della falde acquifera causato da materiali come il mercurio di alcune vecchie otturazioni dentarie.
Tenendo conto che Keijzer ha ottenuto i dati sull’acquamazione direttamente dalle aziende che producono il macchinario e non da ricerche indipendenti, le sue conclusioni sembrano comunque solide.
L’acquamazione, pur richiedendo una grande quantità di energia elettrica per riscaldare la soluzione alcalina e asciugare le ossa, non necessita di arrivare a temperature oltre i 700-800°C come nella cremazione tradizionale comportando una riduzione di circa il 90% delle emissioni di anidride carbonica che per la cremazione si aggirano intorno ai 300 kg per volta.
Inoltre, non inserendo la bara nel macchinario si può riciclare per il trasporto di altri defunti, cosa che abbassa ulteriormente l’impatto ambientale e che insieme alla mancanza di consumo di suolo la rende più sostenibile anche della sepoltura cimiteriale che, secondo le conclusioni di Keijzer, è il viaggio nell’aldilà con l’impatto ambientale più elevato.
Avete mai pensato alla vostra sepoltura? Se fosse disponibile l’acquamazione anche in Italia la scegliereste?
Parleremo ancora di questi temi, intanto vi auguro un buon te delle cinque! ☕🧁
- La newsletter continua dopo la bibliografia -
Bibliografia
Keijzer, Elisabeth. Environmental impact of Funerals. Life cycle assessments of activities after life. (2011)
Kremer, William. Dissolving The Dead. BBC (2017). E’ un reportage inglese sull’acquamazione, nel quale potete vedere foto e video di come funziona il processo al Bradshaw Celebration of Life Center negli Stati Uniti e il mio amico impresario che parla di té e farina.
Interessanti da morire
👉🏻 3 COSE CHE HO VISTO, LETTO, FATTO, ASCOLTATO QUESTA SETTIMANA
🖼 UNA MOSTRA. Fino al 14 giugno, a Bologna, c’è una mostra imperdibile per i giovedeader (ci chiamiamo così?). Si chiama Il primo paziente ed è un percorso lungo la storia delle dissezioni, dell’anatomia e della donazione del corpo alla scienza in cui le tavole del fumetto omonimo dialogano con i reperti della collezione di una delle facoltà di medicina più antiche al mondo. Si trova al Museo delle cere anatomiche Luigi Cattaneo fino al 14 giugno. Io la devo ancora vedere ma recupero prestissimo!
🎙 UN PODCAST. Questa settimana ho ascoltato un podcast che mi ha portato a pensare spesso a quanto avrei voluto farlo io. In Aldilà della collina di Giorgio Caù ci porta alla scoperta del mondo della death education (ma non solo) con un perfetto equilibrio tra le parti istruttive e quelle riflessive. Se siete dei giovedeader molte cose non vi saranno nuove ma ne consiglio comunque l’ascolto.
📺 UN VIDEO. Sapete che l’anatomia ha una storia oscura costellata di crimini, omicidi e violazione dei diritti umani di ogni sorta? Miria di @scheletri.nellarmadio nel suo video Crimini di anatomia racconta alcuni dei passaggi più interessanti di questa storia nella Gran Bretagna del Settecento e Ottocento.
Che mi prenda un colpo
👉🏻 ARTICOLI (e altri contenuti) DELLA SETTIMANA SU VITA, MORTE E D’INTORNI
Scrivendo questa newsletter ho riflettuto molto sul nostro privilegio di poter decidere addirittura come essere sepolti quando a Rafah le persone non possono nemmeno scegliere come sopravvivere.
In uno dei più segreti rifugi nazisti sono stati trovati cinque scheletri senza mani e piedi.
In Scozia, c’è una strana tomba con cinque pietre sopra che sembrano portare sfortuna a chiunque le tocchi.
[In inglese] Come navigare il lutto facendo giardinaggio. Con istruzioni, esempi pratici ed esperienze personali di chi lo sta facendo.
Morire dal ridere
PER CONCLUDERE L’APPUNTAMENTO CON UNA RISATA
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